IL MOVIMENTO #METOO IN FRANCIA E IN ITALIA
Interview

Azzurra Meringolo
Giornalista
1. Si può presentare brevemente ?
Sono Arruzza Meringolo e sono una giornalista della redazione esteri del giornale radio RAI, mi occupo soprattutto del Medio Oriente (in realtà coopero un pò con tutti i casi/eventi di politica internazionale), ho un passato nel mondo della ricerca, ho fatto un dottorato sulla questione di politica estera egiziana al Cairo e ho lavorato all’istituto affari internazionali dove sono stata ricercatrice per l’area MED et sono stata anche capo redattrice della rivista. Attualmente insegno poi all’università di Roma 3 un corso sui media arabi e anche al master di giornalismo di Bologna. Tra le altre cose, una delle cose alle quali tengo particolarmente, sono tra le socie fondatrici di ‘wiisitaly’, è questo network internazionale che si chiama Women in international security che ha ormai quasi 4 anni fa debuttato in Italia creando la sua antenna in Italia, e ci occupiamo soprattutto di realizzare la risoluzione ONU 1325 sulla partecipazione e l’inclusione delle donne nel settore della politica estera e del peace making diciamo, quindi la cosiddetta ‘agenda donna pace e sicurezza’. Questo anno soprattutto abbiamo lavorato nell’inclusione politica all’interno del nostro paese.
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2. Secondo lei il movimento ha avuto un impatto a livello sociale ? Si sono visti cambiamenti ?
Secondo me il movimento MeToo è stato chiaramente una bomba che è stata capace di detonare tantissimi dibattiti a livello globale. Molto spesso noi giornalisti ci siamo chiesti se è un dibattito di politica estera o se è un tema in realtà più ampio di cultura e società trasversale, quindi a tutti i paesi che sono stati coinvolti, come per esempio l’Italia. Io penso che ci siano stati dei cambiamenti a livello di dibattito cioè c’è molta più attenzione desso sul linguaggio che viene usato, sulle cose che vengono dette, sul linguaggio che con il quali ci si rivolge alle donne, colleghe soprattutto, e anche nei confronti delle donne più giovani. Quindi direi che c’è più awareness di questo e c’è anche decisamente più coraggio da parte delel donne di parlare di quello che subiscono. Molto spesso una violenza verbale non è considerata una violenza. Non si capisce bene dove finisce il tono scherzoso, soprattutto nei paesi mediterranei ma in realtà credo che sia un fenomeno globale, e dove invece inizia questo ‘NO’ verbale che comporta anche un’aggressione più fisica e una violenza. Penso che oggi ci sia decisamente più consapevolezza e più prontezza e più coraggio a parlarne.
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3. E da punto di vista politico?
Penso che anche il mondo politico in questo abbia fatto passi in avanti soprattutto per una serie di leggi che sono state applicate e anche al linguaggio che è stato usato. Io penso per esempio a quello che è successo qui in Italia. Noi giornalisti abbiamo fatto negli ultimi anni, grazie ad una carta deontologica che è stata creata appositamente, una riflessione su come parlare di questi temi. Molto spesso questi eventi vengono descritti come, quando c’è violenza soprattutto, delitti passionali, ma in realtà adesso da deontologia vanno chiamati con il loro nome e cognome : aggressioni, violenze, abusi e stupro. E penso che questo sia già un passaggio importante anche dal punto di vista culturale
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4. Diverse misure sono state applicate (come ad esempio una circolare scolastica che prevede l'insegnamento dell'educazione sessuale nelle scuole o ancora l'aumento dei gruppi di sostegno per le donne vittime di violenza). Secondo lei sono sufficienti? O dovrebbero essere messe in atto altre misure? Cosa dovrebbe ancora essere cambiato?
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Io non penso che siano stati sufficienti, penso che questa battaglia non siano 100 metri, non è una battaglia di velocità ma una lunga maratona che per lo più è una maratona che si corre su campi diversi : c’è il campo politico, socio-economico (che ha un grande impatto), c’è il mondo culturale (sia da un punto di vista di educazione ma anche di diffusione della cultura), e c’è anche il mondo dello sport (pensiamo che fino a qualche settimana fa le donne che facevano sport anche in serie A non erano considerate professioniste).
Io penso che sia una lunga maratona da combattere e penso che noi abbiamo il dovere di combattere per le generazioni future e penso anche che sia arrivato il momento (e questo in qualche parte sta succedendo) di includere anche gli uomini in questa battaglia contro le violenze di genere ma anche a sostegno di una reale inclusione paritaria delle donne nel mondo della politica, della leadership, in diversi settori. E penso che in questo caso la pandemia possa essere un po' un’occasione : da ogni crisi nascono delle rivoluzioni positive e innovative e questa pandemia ha mostrato che il settore più gravemente ferito è quello femminile che ne ha risentito di più. Adesso quindi la grande sfida è di ricostruire, riiniziare, avviare una recovery più ampia dove le donne hanno un grande ruolo, sono considerate, dando centralità alla figura femminile.
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5. Come vede il futuro del movimento? È un fenomeno che svanirà nel tempo o rimarrà nelle menti e nella società?
Io penso che il MeToo abbia lasciato eredi in diversi settori. È nato come un movimento di denuncia mentre adesso quello di cui c’è bisogno è di essere propositive e propositivi, ovvero di cercare non soltanto di rinunciare di far venire a galla. Quello che ahimè fino ad anni fa era uno stigma di cui si diceva, ora è il momento di pensare a come evitare che le donne siano ancora vittime di violenza. Penso ad esempio alla Svezia dove è nata un’applicazione che non è pensata alle donne vittime di violenza ma per gli uomini che sono indotti a commettere una violenza. In quei momenti hanno messo a disposizione questa applicazione attraverso la quale loro magari possono ricevere un aiuto per evitare di commettere questa violenza. Però a parte questo adesso mi sembra che sia giunto il momento per cercare appunto di lavorare su un’agenda positiva. Rendiamo le donne realmente autonome, anche dal punto di vista economico. Io penso che il mondo della politica in questa fase, possa più che in altre fasi, proprio impegnarsi per includere le donne.